Il target, questo sconosciuto – ovvero – Non limitiamoci all’ovvio
In ogni progetto la definizione del “target” è di fondamentale importanza per il posizionamento di brand, ma si rischia spesso di banalizzare tale fase di analisi, perché?
COS’È IL TARGET?… O MEGLIO, “CHI” È?
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Mi sono resa conto che i miei studenti (ma non solo loro, purtroppo) fanno fatica a definire quali sono o saranno i destinatari di una data attività di business, che non approfondiscono la questione e, quando parlano di potenziali acquirenti di un prodotto o utenti di un servizio, definiscono semplicemente sesso ed età del gruppo di persone che più sicuramente diverrà cliente del brand che fa da caso di studio. E basta.
Mi sono interrogata spesso sui motivi di tali difficoltà e ritengo che una delle cause principali possa essere proprio l’utilizzo della parola “target” e dell’immaginario collettivo a questa associata: il suo legame con teorie comunicative che non prevedevano un feedback a seguito della diffusione di un messaggio (bullet theory); il suo essere rappresentato sempre come un bersaglio da freccette, un oggetto, dunque; in sintesi il suo non essere considerato per quello che in realtà è, ovvero un insieme di individui accomunati da alcune caratteristiche.
Trattandosi di individui, di persone, anche nel momento in cui si attuano delle astrazioni per limitare la complessità dell’analisi, occorre tener presente che si tratta soggetti multidimensionali: non contano solo le variabili demografiche di base (quali sesso ed età), ma la loro identità, la loro storia e la loro cultura, il lavoro e gli interessi, le modalità con cui interagiscono con i differenti mezzi di comunicazione, la loro propensione al consumo, le loro abitudini d’acquisto, le loro interazioni con i brand [il loro essere prosumer]…
IL TARGET NON È MAI UNO SOLO
Mi sono trovata più volte – tanto con i miei studenti, quanto con i miei clienti – ad insistere sul fatto che, soprattutto nel momento in cui il target serve a valutare e definire strategie di branding e comunicazione, occorre portare avanti un’analisi molto più accurata e approfondita, non limitarsi alle ovvietà, ma stratificare il cosìddetto target per poter maggiormente personalizzare i messaggi dell’azienda e – importantissimo – studiarne lo stile di vita e di consumo.
La stratificazione consiste nell’evidenziare l’esistenza di un mercato obiettivo che sarà direttamente interessato al nostro prodotto/servizio, un target “complementare o indiretto” e un segmento di utenti/utilizzatori “alternativo”. Il primo sarà composto da coloro i quali dovrebbero sentire la necessità di acquistare il prodotto o usufruire del servizio; il secondo da individui che potrebbero sostituire o sostenere il target diretto durante il processo d’acquisto [segmento che a volte si rivela più importanti del precendente, come in questo caso]; il terzo raggruppamento verrà formato dalle persone che potrebbero fare dell’oggetto o del servizio in questione un uso “improprio”, ovvero che ne leggeranno le funzionalità in maniera differente procedendo all’acquisto per motivi “altri” rispetto al target diretto.
Tale processo di stratificazione sarà utilissimo nel definire quante e quali varianti di comunicazione creare.
Un esempio tra i più banali: un rasoio usa e getta può essere acquistato da un uomo per farsi la barba (target diretto), da una madre per permettere al figlio di radersi (target complementare) o da una donna per “eliminare i peli superflui” (target alternativo). In tal caso, con il passare del tempo, il target alternativo è stato trasformato in target diretto dalle aziende che hanno pensato di offrirgli un prodotto ad hoc.
L’analisi dello stile di vista e di consumo dei mercati obiettivo del nostro prodotto/servizio sarà invece fondamentale per creare empatia nei confronti del brand, per comprendere quali caratteristiche porre in evidenza nel comunicarlo, per sottolineare le esigenze a cui può rispondere il suo acquisto, per essere originali, ma – soprattutto – per non sbagliare destinatari.
Non trattiamo i potenziali acquirenti come “bersagli”, ma come clienti, come individui pensanti.
P.S. Ricordiamo che anche dietro la dicitura mercato BtoB si “nascondono” delle persone! 😀
Per approfondire cliccate sui link presenti nel testo e, se vi va, fatemi sapere qual è la vostra visione del “target”.
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