Dress code - via Brian O'Meara

Personal brand: dress code e co-branding

Ansia da dress code per i nuovi incontri professionali? A mio avviso è utile pensare a tale questione come al bilanciamento tra la brand identity personale e quella dell’interlocutore, che sia un possibile cliente o un potenziale datore di lavoro [che poi, secondo i miei parametri, è più o meno lo stesso]. In sintesi si tratta di un co-branding.

N.B. Molti vi consiglierebbero semplicemente di usare il completo e la cravatta o un classico tailleur, magari subito dopo inserendo una bella infografica di sintesi sulle cose da evitare, ma non è più l’unica risposta dato che se andaste vestiti così a un colloquio con Google o con la Pixar, avrei molti dubbi sul fatto che il lavoro sarebbe vostro…

Dress code - via Brian O'MearaRiflettevo su una quetione: sembra che sia diffusa la proccupazione di come andar vestiti a un colloquio di lavoro da parte di chi è alla ricerca del primo o di un nuovo impiego, mentre pare meno sentita l’ansia da “right look” da parte di professionisti per il primo appuntamento con un nuovo contatto. Probabilmente molti penseranno che tale percezione vari soprattutto in base all’esperienza, elemento che permette di acquisire sicurezza tanto rispetto alle proprie competenze e capacità, quanto in relazione al proprio modo di interagire. Sicuramente l’esperienza incide almeno in parte, ma è la consapevolezza di sé e dell’altro a fare veramente la differenza.

Partendo dall’assunto che curare il proprio personal brand vuol dire – come spesso ho ricordato – conoscersi, acquisire consapevolezza di sé, delle proprie caratteristiche peculiari, dei propri punti di forza e di debolezza… e farlo sistematizzando le riflessioni che intuitivamente tutti sono portati a fare, avendo un metodo ben preciso per portarle avanti, stabilendo in maniera consapevole e dettagliata come rendere esplicito ai nostri interlocutori ciò che è positivo, cercando di superare, modificare, smussare (ma non di nascondere) ciò che lo è meno. Ovvero, tendere al miglioramento continuo di sé.

Un brand – che appartenga a un’azienda o a una persona – corrisponde sempre a una promessa che si deve poter mantenere. Molto importante diviene, dunque, operare delle scelte – anche nel dress code – che ci rappresentino realmente. Nel proprio modo di vestire, di mangiare, di parlare e di scrivere, così come nella foto dei profili sui social media o nel layout del proprio personal blog… occorre essere riconoscibili, raccontarsi: inutile mettere un serio tailleur o la cravatta quando, se lo si indossa non ci si sente sé stessi. Esporre sinceramente quel che si è è il primo passo per costruire una reputazione che nessuno potrà rovinare e una promessa che non potrà essere disattesa dato che corrisponderà al vero.

Allo stesso tempo, però, tali dinamiche hanno bisogno di essere declinate a seconda della situazione: quando ci si propone per un certo posto di lavoro ovvero ci si presenta a un nuovo potenziale cliente solitamente ciò avviene perché si ritiene di poter essere l’individuo che tale azienda sta cercando, la soluzione alle questioni che essa si pone e anche il modo di vestirsi può contribuire (o meno) a creare l’empatia necessaria a spingere l’interlocutore a condividere il suo progetto con la persona che ha di fronte.

Come procedere dunque? Trattando il nuovo lavoro come un caso di co-branding.

Innanzitutto è bene informarsi su chi incontreremo e sull’eventuale azienda che rappresenta: con quale personal brand e corporate brand entreremo in contatto e cercheremo di stringere una partnership professionale? Qual è il sistema valoriale che racchiude? Tali valori che ha sono compatibili con i nostri?
Secondo me sarà rispondendo a tali domande che apparirà chiaro cosa indossare al primo incontro e sarà qualcosa che metta in risalto visivamente la nostra disponibilità a trovare un compromesso tra le rispettive identità di brand rispondendo al dress code che la situazione necessita “riletto” almeno in parte attraverso il proprio personalissimo stile [ovviamente evitando gli eccessi], non credete?

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