McLuhan 100 anni dopo

#McL100 McLuhan: 100 anni dopo

McLuhan 100 anni dopoVenerdì ho trascorso la mattinata all’Accademia dei Lincei, luogo trasteverino dalla meravigliosa architettura, per far da spettatrice all’incontro dal titolo “McLuhan: 100 anni dopo”, evento che mi ha fornito vari spunti di riflessione, soprattutto grazie a Derrick de Kerckhove.

INPUT SU CUI RIFLETTERE: LA “PERSONA DIGITALE”

Di seguito le affermazioni e i ragionamenti che mi daranno molto da pensare e che io ho riorganizzato secondo un mio ordine logico senza rispettare il reale susseguirsi degli interventi all’Accademia dei Lincei.

L’idea di “persona” è un’ossessione di noi occidentali [Joi Ito – MIT Media Lab]
Tale fobia potrebbe derivare direttamente dalla tipologia di scrittura e linguaggio che utilizziamo, capaci di mettere in evidenza l’individualità e di stabilire un rapporto profondo con lo scrittore anche senza conoscerlo [Derrick de Kerckhove – Media Duemila]

L’idea di “persona digitale” è parte della “persona nascosta” in quanto presente in una quantità incalcolabile di archivi a cui solo a volte si ha direttamente accesso [Roger Clarke – Cardiff University].
La questione fondamentalerimane la necessità di scindere tra il “progetto individuale di una persona digitale” [n.d.a. la cura del personal brand?] e l'”imposizione” della stessa: se il primo caso è da ritenersi un arricchimento, il secondo può essere limitante oltre che pericolosamente antidemocratico [Roger Clarke e Derrick de Kerckhove].

Il concetto di libertà è ormai dipendente da quello di interconnessione e di diffusione dell’accesso a Internet, anche se è importante comprendere e ribadire che il web non può sostituirsi all’esperienza concreta, all’esplorazione fisica [James Fox – Ambasciata del Canada].

L’etimologia del termine “persona” deriva dal latino “per sonnet”, una sorta di maschera che veniva indossata dagli attori di teatro per amplificare la propria voce in modo che potesse essere udita sino agli ultimi spalti [Mario Morcellini – Università La Sapienza].
La tecnologia è da considerarsi come una protesi in quanto aumenta le capacità comunicative dell’individuo [Roberto Saracco – EIT ICT Labs Trento], ma l’era delle “identità digitali prêt-à-porter”, costruite solo attorno a uno o più avatar spesso vuoti di contenuti reali, è finita [Robert Castrucci – FUB].
La tecnologia consiste nell’unione tra atomo e bit, riesce a catturare la fisicità del reale restituendone, comunque dopo una rielaborazione, un’idea percettiva [Roberto Saracco].
La Rete “non dimentica”, ma occorre tener presente che a volte anche “la dimenticanza è un valore”, un qualcosa di necessario in alcune situazioni, un antidoto contro le situazioni traumatiche [Andrea Viticoli – CNR].

La tecnologia è come un metronomo, poiché detta i tempi – e i costi – dell’evoluzione sociale, dell’innovazione [Roberto Saracco] e aumenta l’occupazione sostituendo alcune delle vecchie figure professionali con nuove tipologie lavorative [Carlo de Serrano].

CONSIDERAZIONI GENERALI SUL CONVEGNO

L’aver partecipato a “McLuhan: 100 anni dopo” mi darà dunque parecchio da riflettere e questo è ovviamente positivo.
Allo stesso tempo, però, soprattutto per il fatto di aver sentito parlare di ulteriori iniziative del genere in programma, mi sento in dovere di fare degli appunti all’organizzazione affinché si possa pensare a come eliminare o evitare alcune note stonate nella riproposizione di simili incontri:

  • l’assenza di supporti visivi [e non parlo necessariamente di slides testuali, che pure preferisco come supporto al discorso da leggere a testa china] in un dibattito sul digitale  lo avrei evitato
  • 11 relatori in 3 ore mi sono parsi un po’ troppi e comunque, di questi 11, forse uno solo aveva meno di 50 anni [e considerato il tema a me è sembrato quantomeno strano] e non era presente neppure una donna [possibile non ci sia nessuna donna il cui intervento potesse essere in linea con il taglio dell’incontro e aggiungere qualcosa alla giornata?]
  • non è stato dato spazio alcuno alle domande e all’interazione con il pubblico
  • l’hashtag dell’evento sarebbe stato bene comunicarlo prima o comunque dare modo ai presenti di recuperarlo sul materiale inerente l’iniziativa
  • nell’ultima parte del convegno è stata presentata la possibilità di iscriversi al digital network collegato a Media Duemila: presentare lo strumento online basato sulla creazione di un codice QR come “assolutamente innovativo” è a mio avviso un’ingenuità data l’ormai ampia diffusione del QR Code come strumento di sintesi e veicolo offline di contenuti virtuali presenti in Rete

Ovviamente sono aperta ad accogliere qualsiasi considerazione 🙂

Vi consiglio di dare un’ochhiata ance allo Storify di Alessandro Donadio 😉

3 commenti
  1. Fabrizio Faraco
    Fabrizio Faraco dice:

    Alessandra quello che scrivi è assolutamente ciò che ho portato con me anch’io dal seminario: gli stimoli e i suggerimenti all’organizzazione. Aggiungo due postille. Sull’identità singola o monodimensionale (spunto di Castrucci, ma che ha fatto, secondo me, da sottofondo a tutti gli interventi degni di nota) ti segnalo questo bel contributo di Corinne Weisgerber (Professore Associato di Communication alla St. Edward’s University ad Austin nel Texas) che offre solo uno spunto di riflessione ad usare il concetto di multiverso nella nostra persona digitale (http://www.slideshare.net/corinnew/negotiating-multiple-identities-on-the-social-web). Il Prof. De Kerchove ha stimolato i conferenzieri ad individuare un segnale debole che si sarebbe potuto affermare nel futuro. Nessuno, tranne le persone da te citate, ne ha tenuto conto. Questa è stata la nota più stridente del convegno, i più hanno dimostrato di non avere capacità d’ascolto e questa è una competenza chiave per il mondo che esiste 100 anni dopo Mc Luhan. Non trovi?

  2. ale
    ale dice:

    Ciao Fabrizio,
    grazie mille per aver voluto condividere qui il tuo pensiero e nuovi approfondimenti e spunti di riflessione, peraltro molto interessanti.
    Riguardo la capacità d’ascolto dei relatori, a loro discolpa direi che il sovraffollamento di concetti espressi in relazione al tempo a disposizione non li ha aiutati, ciò nonostante concordo sul fatto che – quantomeno alcuni – avrebbero dovuto dimostrare una più attenta percezione del livello di attenzione della platea e cercare di modulare il tono del proprio intervento tenendone conto. Peccato, poi, non aver avuto lo spazio necessario a creare interazione con il pubblico: quello mi è mancato molto dato che in tale frangente alcuni spunti di riflessione sicuramente si sarebbero evoluti in idee.
    Spero che la prossima volta la condivisione biunivoca venga resa possibile. 🙂

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