Ristorazione: il tempo per mangiare
Nella ristorazione da sempre c’è chi usa organizzare “turni” per riempire i tavoli dei locali a pranzo e a cena, pratica in crescita a partire dall’introduzione delle nuove regole imposte per rispondere al distanziamento sociale necessario a limitare la diffusione della recente pandemia da coronavirus. Attenzione, però, a come tale strategia viene messa in atto: è importante che non rischi di rovinare l’esperienza dei clienti.
La pandemia da COVID-19 ha portato notevoli trasformazioni in una molteplicità di settori. Tra gli aspetti sicuramente più importanti c’è stata – e rimane attiva – la necessità da parte della maggior parte dei business di implementare una serie di misure per contenere il più possibile il diffondersi della malattia, tutelando la salute delle persone.
Nella ristorazione – peraltro tra i settori più compiti dalla crisi dovuta alla pandemia e dalle pratiche di lockdown – introdurre tra le pratiche di produzione ed erogazione dei servizi le misure anti-COVID ha significato un profondo ripensamento di tutti i processi, dalla preparazione del cibo alla quantità e disposizione delle sedute nei locali.
Per garantire infatti il rispetto del distanziamento sociale, molti Paesi hanno introdotto – tra le altre – regole atte a definire la distanza minima da mantenere tra i tavoli dei ristoranti portando nella maggior parte dei casi a una riduzione della massima capienza dei locali in termini di coperti. In molti, al fine di recuperare almeno in parte il mancato introito che tale riorganizzazione necessariamente comporta, hanno deciso di introdurre la pratica dei turni, stabilendo un tempo massimo di permanenza al tavolo da parte di ogni cliente.
In generale nulla di male, ma non tutti stanno ponderando correttamente i dettagli di questa strategia, definendo dei tempi a volte troppo stretti di consumo che rischiamo di “rovinare” l’esperienza della clientela divenuta comunque più difficile e stressante proprio a causa della pandemia in atto. In pratica, dal punto di vista dei clienti, è già abbastanza complesso auto-rassicurasi rispetto all’andare a mangiare al ristorante grazie a pratiche igieniche, distanziamento e crisi economica in atto e, una volta faticosamente riconquistati i presupposti emotivi che spingono a ritenere una cena fuori comunque rilassante e rigenerante, non è bello dover aver fretta.
Di seguito una statistica del tempo che quotidianamente le persone residenti in differenti Paesi impiegano mangiando: in Italia di certo non si può avere a disposizione per un pasto meno tempo di quanto non venga concesso a un Inglese, non trovate?
[fonte: Statista]
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