Quale latte inquina meno?
Il latte è tra gli alimenti di largo consumo. Nel 2020 nei 28 Paesi della comunità europea [i dati includono ancora gli UK] il consumo pro-capite annuale di latte di derivazione animale riportato dal Clai è pari a quasi 65kg e anche quello delle cosiddette “alternative vegetali” è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Ma quale “latte” inquina meno? Di seguito qualche dato.
Del latte pare che praticamente nessuno riesca a fare a meno: che si consumi il “tradizionale” latte vaccino o una delle ormai tantissime alternative vegetali presenti sul mercato, questo rimane comunque un alimento difficilmente assente in qualsiasi regime alimentare.
Il passaggio dal latte di mucca a quello vegetale vede spesso tra i motivi le intolleranze al lattosio, le allergie alle proteine del latte, l’ipercolesterolemia, la ricerca di maggior digeribilità, la ricerca di proprietà benefiche specifiche o la scelta di perseguire una dieta vegana. Un’altra tra le ragioni più citate è quella del minor impatto ambientale che le opzioni di “latte vegetale” hanno rispetto a quello vaccino.
Tra le alternative presenti sul mercato, infatti, così come avviene per la carne di mucca, la produzione di latte vaccino è sicuramente la meno sostenibile in termini di emissioni di anidride carbonica e consumo di acqua: per ogni litro di latte vaccino prodotto sono necessari fino a 628 litri di acqua e si producono 3,2 kg di CO2.
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Nonostante consumo di acqua e creazione di CO2 siano associati anche alle alternative vegetali al latte animale, secondo i dati riportati dal New York Times, qualsiasi opzione risulta essere più positiva per l’ambiente: la produzione di latte di mandorla, tra le alternative vegetali quella che richiede più acqua, raggiunge appena il 60% dei consumi di acqua rispetto a quello vaccini; il la produzione di latte di riso, il più grande inquinante tra opzioni vegetali, non arriva al 40% delle emissioni generate dal latte di mucca.
Tra quelli analizzati è il latte di soia a essere l’alternativa più sostenibile, sia in termini di consumo di acqua che di emissioni di anidride carbonica. Rimane comunque importante considerare che la sostenibilità ambientale di tale surrogato del latte diviene effettiva solo se lo sono anche la sua coltivazione, l’imballaggio e il trasporto.
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